Se riandiamo ad alcune celebri interpretazioni dell’Umanesimo,il suo significato più importante consisterebbe o nel sorgere di nuove istanze filologiche e critiche demolitrici di venerabili tradizioni e quindi restauratrici della verità storica, dell’autentica voce del passato, momento necessario per assicurare quella continuità tra passato e presente che è percezione comune anche a livello personale (E.Garin); oppure, come il risultato dello sviluppo di una grande società cittadina nella quale le classi, invece di ignorarsi od osteggiarsi, come era consueto nel Medioevo, si relazionavano sia sul piano più strettamente economico, effetto ovvio vista anche la natura organica della città e lo sviluppo delle forze produttive del tempo,sia su quelli propriamente culturale e politico (J.Burckhardt). Queste interpretazioni,famose e anche condivisibili,andrebbero precisate meglio e messe in relazione con un altro aspetto dello stesso umanesimo,di natura più generale, e precisamente con quella scoperta del mondo esterno e dell’uomo che per Burckhardt rappresenta un necessario complemento di tutti gli altri suoi caratteri. Sotto questo riguardo generale,il significato dell’umanesimo era destinato ad allargarsi e approfondirsi, come si estendevano i suoi confini temporali perché per altri studiosi esso non si può dissociare dal più generale risveglio della vita economica,civile,culturale iniziato a partire sin dall’undicesimo secolo.
Infatti, secondo K.Bosl, a partire dal nuovo millennio,prende slancio quel moto teso al superamento della statica vita medievale, imprigionata nelle consuetudini e nella rozzezza delle necessità naturali, moto consistente nella ricerca di nuove possibilità di relazioni economiche e personali,di nuovi mercati,nell’espandersi di tutte le precedenti attività, nella loro organizzazione razionale in vista della prestazione più efficiente, nella coscienza dei rapporti,non impunemente ignorabili,che vigono tra le attività umane, della libertà che le promuove e della legge comune che le governa.
Questo moto generale di vita ha dato origine a un umanesimo più radicato nella vita comune e nelle sue esigenze. Il volgare,la lingua parlata da tutti,acquista dignità letteraria e si avvia a dare forma alle più difficili questioni filosofiche (Dante); prendono slancio le forme politiche democratiche e la storia che le narra (D.Compagni e G. Villani);si apprende a trattare discorsivamente i problemi tecnici di maggiore interesse pratico(nell’agricoltura,nella mercatura, ecc.) assurte, insieme alle arti, attività nelle quali l’uomo si può dire imiti l’opera creatrice di Dio e quindi degne di diventare oggetto del logos creatore.
Il terreno era dunque pronto ad accogliere le idee di Leon Battita Alberti, considerato il vero iniziatore dell'”umanesimo volgare”. Per l’Alberti “bisognava imitare i latini prima di tutto in questo:nel fatto che avevano scritto in una lingua universalmente compresa,di uso generale” (Claudio Marazzini:Breve storia della lingua italiana,Cap.4). Tuttavia, non si doveva impiegare la lingua formatasi casualmente in seno al popolo, ma quella elaborata lessicalmente e grammaticalmente da parte dei cultori della parola.
Questa comunità di parlata tra le classi doveva preparare all’unità politica della penisola, conseguenza ben presente nel circolo di studiosi che ruotavano attorno a Lorenzo de’ Medici, concordi nel combattere il pregiudizio di una inferiorità del volgare nei confronti del latino la cui roccaforte era la cittadella universitaria. Così l’umanista Cristoforo Landino poteva leggere Dante e Petrarca nella stessa Università fiorentina e Lorenzo de’ Medici vantare la nobiltà del volgare, la sua capacità di esprimere nitidamente i sentimenti più sottili, i concetti più difficili. Alla corrente di questo “umanesimo volgare” come era nominato, appartenevano di diritto pure i grandi storici successivi, gli scrittori di cose tecniche e gli uomini di scienza(Machiavelli, Galilei,ecc.) giustamente convinti che la nuova scienza empirica dovesse venir esposta in una lingua viva e non nel latino (Claudio Marazzini, ibidem, Cap.4).
Mentre la storia ci consegna il ricordo di una simile ampia e coerente manifestazione dello spirito umano, occorre dichiarare che la prospettiva dell’Umanesimo Popolare,che qui vogliamo presentare e difendere, non può che essere altrettanto laica ed ambiziosa nelle aspirazioni ma riteniamo ancora capace di dare voce presenti esigenze ed aspirazioni di comunicare, relazionarsi ed associarsi
Che cosa si propone di ottenere l’umanesimo popolare?e con quali mezzi? Anzitutto,il suo intento primario rimane lo sviluppo di quelle istanze filologiche e critiche proprie del precedente umanesimo, ma fondate, invece che sulle risorse del latino,su quelle della lingua parlata, patrimonio, in varia misura, di tutti e strumento essenziale per conoscere se stessi e la società nella si vive. Infatti,lo sviluppo di un pensiero critico generale non si può dissociare dalla volontà e possibilità di cercare il senso vero, spesso riposto,di quanto capita di ascoltare e dire, quindi di informarsi senza lasciarsi invischiare dagli interessi di quanti vorrebbero portarci dalla loro parte rendendoci poi come stranieri a noi stessi,condizioni queste indissociabili da una partecipazione intelligente e proficua alla vita comune.
L’Umanesimo Popolare quindi assegna un ruolo nuovo,onnicomprensivo,alla comunicazione e al linguaggio vivente e ne vuole promuovere lo studio e la comprensione ovunque, specialmente nel luogo deputato a farlo,vale a dire nella scuola, nelle forme di un’educazione liberale comune a tutti. Tuttavia,senza un’altra condizione un simile proposito sarebbe destinato fatalmente a infrangersi contro gli ostacoli di un mondo dominato da mezzi tecnologici che alla comunicazione paritaria, all’interpretazione e al dialogo sostituiscono i messaggi suggestivi della comunicazione di massa e le istruzioni per l’uso degli oggetti dalle mirabolanti prestazioni,un mondo nel quale il lavoro organizzato non sa che farsene della critica perché attento a che ciascuno svolga diligentemente,se non intelligentemente, le mansioni prescritte.
Se le cose stessero realmente in questi termini,sarebbe come combattere contro un elefante armati di uno spillo. Tuttavia,riteniamo che la situazione non sia del tutto irrecuperabile e che esistano possibilità di vita più consapevole annidate nel cuore stesso della società tecnologica. Il lavoro,da prevalentemente manuale,si trova sempre più saturo di elementi intellettuali,di riflessione, finendo col diventare un momento di comunicazione e cooperazione. Continuano a rimanere attuali le idee portanti della grande sintesi settecentesca denominata Encyclopédie, col suo proposito di instaurare l’intesa reciproca tra i diversi mestieri e,in generale,tra tutti gli uomini, praticassero le manuali arti meccaniche o quelle liberali. L’Encyclopédie, continuazione del precedente umanesimo in un senso più orientato alla vita pratica e storica, trasmette a sua volta alle correnti di pensiero del nostro tempo tendenti all’unificazione dei saperi il suo lascito più valido: anche nel mondo della tecnica occorre giudicare azioni e parole,mentre il successo personale e sociale continua a dipendere dalla capacità di relazionarsi con gli altri e quindi ritrovare il senso profondo e comunicabile di ogni fatto.
Checché ne dicano i portavoce dei finanzieri occupati a convincerci che soltanto dalla loro bocca possa uscire l’interpretazione autentica su ogni questione, per puro caso coincidente con gli interessi dei loro padroni, continua ad esistere un intesse primario, personale,a informarsi, a chiarire le ragioni di atti a parole,interesse dal quale dipende la nostra vita personale e nostra stessa salute mentale, per non parlare della possibilità di dare ordine e coerenza alla vita, ma che le organizzazioni tuttofare e tutto prendere non possono e non vogliono esaudire. Questo interesse incoraggia a non rimanere per sempre ascoltatori passivi, a dire la nostra senza arrestarci dinanzi alle verità ufficiali, sempre coincidenti con gli interessi dei potenti, e spesso dei più potenti, a scoprire le motivazioni all’origine dei fatti umani, come pure di quei fatti umani che sono la scienza e la tecnologia, particolarmente attratte dai linguaggi oscuri e senza i quali non potrebbero nemmeno costituirsi; a smascherare gli inganni nascosti nelle promesse fallaci di quanti si danno l’aria di essere dalla nostra parte,e soltanto dalla nostra parte, per meglio disarmare la nostra vigilanza. L’Umanesimo Popolare invece fa proprio l’interesse di ciascuno a giudicare e comunicare e cerca di trovare gli strumenti adatti per farlo diventare cosciente. Chi avrà la pazienza di sobbarcarsi lo studio delle pagine che seguono, scoprirà che non si tratta di un interesse artificiale,bensì di qualcosa che vive in fondo ad ogni nostro disagio presente e speranza futura.
Emidio Petaccia
te. 348 1621765
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